Tuesday, March 13, 2018

Come abbinare il Vino ai risotti?

C’è chi dice che col riso si debba bere solo acqua, ma francamente pare una sciocchezza.

Molto meglio rispettare il motto che assicura che “il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”.
Anzi, proprio perché il riso può essere confezionato in mille maniere e nelle più svariate associazioni con altri alimenti (col pesce, con la carne, coi salumi, con le frattaglie, con le verdure) si presta a essere una specie di ‘campo scuola’ per sperimentare l’abbinamento cibo-vino.

risotto con il vino e tartufoA determinare la scelta della bottiglia di vino sono i condimenti, i sughi o gli aromi utilizzati nella preparazione del risotto o della minestra di riso.

Cominciamo con i risotti.

Il caso in genere più semplice è quello del risotto cucinato col vino
(si pensi ad esempio al risotto all’Amarone o allo stesso risotto alla milanese che in cottura può prevedere anche del vino rosso,
che finisce per incidere sul sapore finale molto di più dello zafferano): si porta in tavola lo stesso vino adoperato in cottura,
al limite (cantina e tasche permettendo) utilizzandone un’annata diversa.

I risotti a base di verdure o di legumi si caratterizzano in genere per una notevole delicatezza (si pensi al risotto con i piselli).

In questo caso in genere la scelta migliore sembra essere quella di un bianco leggermente aromatico, non particolarmente impegnativo:

ce ne sono di eccellenti in Alto Adige e nel Trentino:

  • vino Muller Thurgau,
  • Sylvaner,
  • Pinot Bianco
  • Gewurztraminer,

ma anche in molte altre regioni italiane (si pensi ad esempio ai vari Riesling, oppure al Tocai italico).

I risotti con i funghi sono fra le delizie della cucina autunnale: in genere si sposano a meraviglia con un vino rosso Merlot (ce ne sono di ottimi nel Triveneto).

Dai funghi ai tartufi il passo è breve: in questo caso la tradizione piemontese offre buoni abbinamenti con la Barbera o col Dolcetto.

I risotti con i salumi appartengono a molte tradizioni regionali. Diffusissimo in area padana, pur in molte variegate versioni, è per esempio il risotto con la pasta del salame.

Sono risotti da sapori rustici, decisi, robusti, più o meno untuosi e per gusto vogliono la compagnia di vini rossi d’un certo carattere, vini che se abbastanza giovani: dal Bardolino al Raboso del Piave, dalla Bonarda dei Colli Piacentini alle varie tipologie piemontesi di vini dolcetto, Senza contare ovviamente le tradizioni regionali:

il risotto alla pilota, un classico della cucina mantovana, vuole il Lambrusco Mantovano, vivace e rosso cupo.

Altra tipologia di risotti è quella col pesce o coi frutti di mare. In questo caso la ricchezza di sapori e di profumi del piatto fa pensai P a dei vini bianchi d’una certa struttura, come possono esserlo un Lugana o un Verdicchio dei Castelli di Jesi in versione superiore, oppure un Tocai o uno Chardonnay friulani (ma le casistiche possono essere parecchie: si pensi ai bianchi siciliani o campani, in genere perfetti con questo genere di risotti).

Le minestre di riso in genere sono piuttosto delicate e vogliono quindi dei vini bianchi leggeri non troppo profumati.
Le insalate estive di riso gradiscono invece la compagnia dei vini rosati: ottimi quelli trentini tratti da uva schiava.
Il riso è anche nei dessert (l’esempio più banale è quello dei risini preparati da moltissime pasticcerie).
In questo caso ovviamente si sceglie nel panorama dei vini da dessert, partendo dai Moscati (quelli astigiani, trentini o veneti)
per arrivare sino ai passiti bianchi man mano che si eleva la complessità del piatto.

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Vini del Veneto

Il vino rosso del Veneto più noto ed esportato rimane ancor oggi il Valpolicella; di colore porporino, asciutto con leggera vena amara, profumo misto di lampone e di pesca, consegue con moderata stagionatura il massimo della perfezione.

Identici pregi ha il vino Valpantena tanto che la piccola quantità prodotta viene in gran parte venduta sotto l’etichetta del primo.

Con le stesse uve del Valpolicella e nella stessa zona di produzione – la plaga collinosa a nord di Verona tra l’Adige e i colli Lessini – si fanno due vini oltremodo grati all’occhio, al naso e al palato: il vin Recioto e l’Amarone.

Per ottenerli si fatica parecchio; vanno scelti i grappoli migliori e di essi si prendono soltanto le “recie “, le parti laterali, più ricche di sostanze zuccherine.

Appese ad asciugare, le uve vengono poi ammostate al sopraggiungere dell’inverno; il vino Recioto è lavorato a spumante e resta dolce, l’Amatone sottostà a una fermentazione completa e risulta asciutto con leggera vena amara, o ammandorlato.

vite uva rossaL’Amarone asciutto si presta ad essere bevuto con la selvaggina e con la “sopressa “, il caratteristico salume veneto a pasta morbidissima. Il Recioto può essere considerato l’erede del famoso Acinatico del quale il dotto Cassiodoro, ministro dei re goti Teodorico e Vitige, ebbe a scrivere:

« La sua dolcezza si manifesta in modo incredibilmente soave, la densità si corrobora con non so quale fermezza e al tatto s’ingrossa in maniera che diresti essere un liquido carnoso o una bevanda da mangiare ».

La provincia di Verona annovera un altro vino rosso di buona stoffa, il Bardolino, più chiaro come colore del Valpolicella, diuretico, asciutto, frizzante, a dodici gradi, con delicati effiuvi di viola.

Chiude la collana veronese il Soave, intitolato all’omonimo paese, da pesce, per nulla mite come il suo nome indurrebbe a supporre, bensi nervoso e vivo, gradevolmente acidulo, giallino marezzato di verde, “bouquet” composto di fìori di vite, sambuco e ciliegio, secco con vena di mandorla amara, tenore alcoolico sugli undici gradi.

Molto vicino al Soave, ma piii nervoso è il Gambellara del Vicentino.

Sempre della provincia di Vicenza sono da ricordare i vini:

  • Cabernet,
  • Pinot bianco,
  • Vespaiolo
  • Torcolato di Breganze,
  • Tocai rosso di Barbarano,
  • Roccolo (bianco)
  • Frizzantino (rosso) di Montegalda,
  • Sauvignon dei colli Berici,
  • Riesling,
  • Pinot bianco e il Pinot nero di Costozza,
  • Durello (bianco) di Arzignano e Chiampo.

Ad eccezione del Torcolato di Breganze e del Vespaiolo, entrambi da seconde mense, i rimanenti vini vanno con il pesce se vini bianchi e con l’arrosto se vini rossi.

È giunta l’ora della vendemmia. La vite è allevata su pergolato alto.

In questa provincia, come nella finitima di Treviso, hanno larga diffusione alcuni vitigni francesi: il cabernet, il merlot, il sauvignon, i pinot bianco e nero. Una precisa ragione di tale diffusione c’è.

Nel corso della prima guerra mondiale, specie nel Trevigiano, andarono distrutti per gli eventi bellici numerosi vigneti; nel ricostruirli gli agricoltori furono orientati verso i soprannominati vitigni anche da generose offerte pervenute dalla Francia.

Gli splendidi risultati che essi diedero invogliarono parecchi viticoltori, sicché oggi è facile trovare nelle tre Venezie ( il Veneto propriamente detto, il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia) vini Cabernet, Merlot, Sauvignon, Pinot bianco e nero di gusti differenti dai francesi per la diversità dei terreni, il sole, le pratiche enologiche.

Il Cabernet veneto si distingue per l’asciuttezza, il profumo di lampone, la possanza di corpo, la stoffa a trama fìtta.

Il migliore vino cabernet, nella Marca Trevigiana, lo troviamo ad Oderzo, Collalto, Roncade, Ormelle, Orsago, Ponte e Tezze di Piave, San Biagio di Callalta, Motta di Livenza, Salgareda, Gorgo al Monticano, Giàvera del Montello, ma la sua più alta espressione questo rosso superiore d’arrosto la manifesta a Venegazzii, frazione di Volpago.

Di un granato opulento, il vino Rosso Venegazzu accoppia all’originario profumo di lampone un graditissimo odore di geranio e veste la sua possanza con un guanto di velluto: invecchia bene e sa donare sprazzi di giovinezza agli esausti. Oltre alle predette virtù, rivela un potere onirico non comune.

Accanto ai vitigni d’importazione, nella Marca Trevigiana vengono coltivate alcune delle antiche viti indigene:

  • raboso,
  • verdiso,
  • prosecco.

afrodite e i suoi capelli d'oro come il moscato veneto petrarca

enere e gli accentua il profumo di marasca.

La prima fornisce un rosso acidulo singolare; nonostante sia poco alcoolico – tocca al massimo i dieci gradi – è in

 

condizione di sostenere l’invecchiamento guadagnando in finezza. Una lunga stagionatura lo decolora in grigio c

 

Le uve verdiso e prosecco composte insieme danno vita ai rinomati bianchi di Conegliano e di Valdobbiàdene. Il diverso uvaggio li rende dissimili.

Nel vino bianco di Conegliano predomina la verdiso, in quello di Valdobbiàdene la prosecco. L’uva prosecco, portata nella Marca ai primi dell’Ottocento dal villaggio triestino di Prosecco, esprime da sola un mirabile bianco: secco, alcoolico, di nerbo, e uno spumante di nobile stoffa, a bolle piccolissime, fresco, profumato.

Il cru di questo spumante si trova a Cartizze in territorio di Valdobbiàdene. Nell’alto Trevigiano traggono dall’uva verdiso appassita un Vinsanto conosciuto sotto il nome di Torchiato di Fregona.

Nel Patavino il Raboso assume la denominazione di Friularo; se ne fa poco e quel poco è difficile da reperire. Buoni vini rossi e bianchi sono rintracciabili nei colli Euganei dove si rinviene pure un 

Petrarca amore per il vino moscato del veneto

vino dolce, il  Moscato di Arquà, che piaceva, dicono, al Petrarca.

Com’è noto, il grande poeta si ritirò in una villa di Arquà a trascorrervi gli ultimi 

anni della sua vita e, astemio, si lasciò convincere dal medico curante a bere moderate dosi di vino.

In provincia di Venezia prodotti meritevoli di segnalazione si incontrano a San Donà di Piave ( Raboso, Cabernet, Merlot), a Lison in territorio di Portogruaro ( Tocai di Li son ) , a Pramaggiore ( Cabernet e Merlot ) , a Quarto d’Altino ( Cabernet, Merlot, Tocai di Lison).

Scendendo dalle alture in pianura trovano buonissimi vini come:

  • Bardolino
  • Valpolicella e Recioto della Valpolicella (Amarone).
  • Soave e Recioto di Soave.
  • Prosecco di Conegliano Valdobbiadene (Cartizze).

Breganze, con le specificazioni aggiuntive:

  • Tocai,
  • Merlot,
  • Cabernet,
  • Pinot nero,
  • Pinot bianco,
  • Vespaiolo bianco.

Colli Euganei (bianco, rosso, moscato).

Gambellara, con le specificazioni aggiuntive:

  • Recioto di Gambellara,
  • Vinsanto di Gambellara.
  • Bianco di Custoza.
  • Tocai di Lison.

Vini del Piave o Piave, con le specificazioni aggiuntive:

  • Merlot,
    Cabernet,
  • Tocai,
  • Verduzzo.
  • Merlot di Pramaggiore.
  • Cabernet di Pramaggiore.

Colli Berici, con le specificazioni aggiuntive:

  • Garganega,
  • Tocai,
  • Sauvignon,
  • Merlot,
  • Tocai rosso,
  • Cabernet.

Isonzo, con le specificazioni aggiuntive:

  • Tocai,
  • Sauvignon,
    Malvasia Istriana bianco,
  • Pinot bianco,
  • Pinot grigio,
  • Verduzzo friulano,
  • Traminer aromatico,
  • Riesling renano,
  • Merlot,
  • Cabernet

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Monday, March 12, 2018

Il cardinale Sforza che Abbinamenti del vino faceva?

Un ottimo servizio alla tradizione di un connubio tra vini e arte culinaria fu fatto nella famosa lettera di Sante Lancerio, scritta nel 1559 al Cardinale Guido Ascanio Sforza intorno alla natura e qualità dei vini e idoneità ad accompagnarsi alle varie vivande.

Cardinale allesandro Sforza

Mi sembra estrosa documentazione riprendere un capitolo dedicato ad un antico vino campano.

«Il Greco di Somma viene alla Ripa Romana dal Regno di Napoli, dalla montagna di Somma, distante da Napoli 12 miglia. Questi sono vini molto fumosi e possenti, et a tutto pasto si potranno bere ma offendono troppo il celabro, massime alli principii, ma ci sono delli stomachevoli e non fumosi et odoriferi.

A voler conoscere la loro perfezione bisogna siano non fumosi e vogliono avere colore dorato, stomachevole et  odorifero.

Tal vino ama assai la chiara, più che altra sorta di vino. S.S. usava di continuo beverne ad ogni pasto, per una o due volte, quando era nella sua perfezione, et ancora ne voleva nelli suoi viaggi, sì perché tale vino non pate il travagio, sì perché ne voleva per bagnarsi gli occhi ogni mattina et anco per bagnarsi le parti virili, ma voleva che fosse di 6 o 8 anni, che era più perfetto».

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Saturday, March 10, 2018

I vini Italiani

L’Italia è il più forte Paese vinicolo del mondo.

L’italia ha una produzione di vino media annua di oltre settanta milioni di ettolitri supera la Francia ( sessanta milioni), la Spagna (trentuno), l’Argentina ( ventidue), l’Unione Sovietica (diciotto).

La produzione italiana è per due terzi di vini comuni, per il rimanente di vini fini.

A seconda delle particolari caratteristiche, i vini vengono raggruppati in quattro grandi famiglie:

  • vini da pasto,
  • vini da pesce o antipasto
  • vini d’arrosto
  • vini da seconde mense.

I primi si dicono vini da pasto per la proprietà che hanno di accompagnare il desinare dalla minestra alla frutta.

Sono da pesce certi vini bianchi e i vini rosati capaci di sposarsi, con il loro gusto acidulo, al sapore fresco delle carni ittiche e al salato degli antipasti.mappa dei vini italiani

Nella categoria dei vini d’arrosto entrano i vini rossi di nobile stoffa, asciutti, dotati di buon profumo e di giusto tenore alcoolico, con le suddette qualità armonicamente dosate in modo che nessuna prevalga sulle altre; si servono con le carni arrosto e con la selvaggina.

Alla quarta famiglia appartengono i vini dolci, i vini liquorosi e i vini spumanti.

Contrassegno peculiare dei vini è il profumo che può essere di fiori o di frutta, semplice o composto. Oltre al profumo alcuni rivelano particolari aromi; il complesso di odori prende il nome di ” bouquet “.

Rispetto al tenore zuccherino, l’aggettivazione va dal secco o asciutto – il primo si usa per i vini bianchi, il secondo per i vini rossi – all’amabile, all’abboccato, al vino dolce; la qualifica di ammandorlato si attribuisce al vino rosso in cui il dolce e l’amaro risultano perfettamente fusi.

Vino Fresco e acidulo designano il grado dell’acidità, mentre la parola vena indica una sottile deviazione del sapore principale verso sapori secondari.

Tutti i vini con vena amara sono stomatici, esercitano cioè un’azione stimolante sulla mucosa gastrica; ci sono poi dei vini rossi, di tipo longevo, che producono effetti gerontologici.

L’aggettivo onirico, ossia in grado di favorire sogni piacevoli, si dà al vino contenente moderatissime quantità di sostanze allucinogene; è assai difficile oggi trovare prodotti di tale gruppo, per via degli antiparassitari che distruggono i microrganismi allucinogeni presenti sulla buccia delle uve.

I bianchi e i rosati, come regola generale, sono più afrodisiaci dei rossi.

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Vino e Pasta asciutta quali abbinamenti?

C’è chi sostiene che con la pastasciutta si deve bere solo ed esclusivamente acqua e non il vino.
La prescrizione può esser condivisibile quando si tratti di mangiare, magari per motivi di dieta o di salute, un piatto di pasta in bianco, condita solo con un po’ di burro crudo o con un filo d’olio.

Non è invece giustificata con delle splendide paste arricchite con sughi di pesce, di verdure, di carne o di selvaggina. Nella scelta del vino è proprio il condimento a risultare determinante.

Un sugo di pesce si può dunque generalmente consigliare un vino bianco secco, più o meno strutturato a seconda della delicatezza o della robustezza del condimento:

Per la pasta con le sarde della tradizione siciliana sceglieremo dunque un bianco più maturo di quello che abbineremo agli spaghetti con le vongole in bianco.

Ma se il sugo di pesce è ancora più impegnativo, sarà possibile passare anche a un  giovane e leggero, entrambi serviti freschi.

Con un semplice ragù di carne basta un vino rosso leggero, ma le pappardelle con la lepre non possono che farci orientare verso un vino rosso robusto, anche se è importante avere ben presente le esigenze della portata successiva, che non può essere accompagnata da vini di minore struttura.

Le verdure stanno benissimo insieme con la pasta: in questo caso si scelgono in genere dei vini bianchi abbastanza morbidi.

Una pasta col sugo di funghi può sposarsi con un vino rosato o con un vino rosso leggero e poco tannico.

La pasta profumata col tartufo chiama dei vini rossi maturi (anche- particolarmente importanti quando si usa il prezioso tartufo bianco).

Della pasta ripiena (ravioli, tortellini, agnolotti e via discorrendo) e dei suoi abbinamenti con i vini nè parliamo in altri articoli del sito.

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Friday, March 9, 2018

Il bottigliere del vino nella storia

Relativamente al Vino e ai sommelier un altro memorabile scritto miliare per la tradizione culinaria italiana è dovuto a Domenico Romoli detto il Panunto nella sulla Singolar dottrina scritta nel 1560 dove, nel dodicesimo libro, troviamo

«della natura delle spezie, di quella delle acque e dei vini e della regola da seguire nell’uso delle bevande».

Ecco il capitolo cosiddetto «del bottigliere»:

domenico romoli la singolar dotrina vino vini e alimentazione«Non vorrei io ricever biasmo in voler dimostrarvi quanto il bottigliere vi abbia a servire, dipendendo il suo officio dal coppiere, per dir cose così sapute da ognuno: pur vo’ dirvi che quando per ordine vostro sarà servito alcun convito ad istanza del vostro Signore, allora gli comanderete e ordinerete la quantità dei vini e le sorti di essi, rossi, bianchi, dolci e bruschi. facendogli sapere qual prima e poi egli abbia a servire.

Il primo, essendovi meloni o insalata, sarà vin Greco o Salerno bianco; l’invernata, malvagia, moscatello o vernaccia: in su gli antipasti o alessi, vini bianchi e piccolini; in su gli arrosti, vini rossi e mordenti: nei frutti Ippocrasso, Magna guerra o Salerno rosso o dolce.

Di tutto questo vi avrà a servire il bottigliere; niente di meno bisogna che in quell’ora ch’el credenziere apparecchierà. e parata la sua credenza, gli apparecchi e pari la sua tavoletta polita della bottiglieria con la sua tovaglietta bianca, coperta di flori e di verdure, facendo mostra di tutti i suoi bicchieretti e caraffine polite e altri vasi di cristallo e di argento, aspettando l’ora del suo servigio.

Della coppa, bicchiere ed altri vasi che servono per la bocca del vostro padrone, non se ne faccia mostra fino a tanto che egli si sia posto a tavola. Io sono sforzato di uscire alquanto di proposito.

Se vi ricorda, io vi dissi che volendo saper comandare, vi bisogna di saper fare, e così come a un coppiere e botti-slie-
re è necessario di aver gusto, sapore e odore e che essi siano bevitori e non bomboni, voi saprete in cio usar soprattutto buona diligenza, a cio che possiate conoscer tutti i diletti che potesse aver quel vino che più piacerà al vostro padrone: e qui potrei dirvi come e in che modo il coppiere col vostro ammaestramento servirà bene il suo padrone, ma lo riserbo a dire un’altra volta».

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Thursday, March 8, 2018

Il coppiere o Sommelier d’altri tempi

Il coppiere..cioè il «sommelier» d’altri tempi.

Leggiamo  qualcosa al riguardo su questo per interesse letterario più che per interesse eno-gastronomico :

«Del coppiere. Egli, oltre la galanteria della sua persona, bada esser tutto fede, giovane e non vecchio, disposto e non sgarbato, non guercio né cieco, mezzano né troppo piccolo, né troppo grande, bello di viso e non brutto, allegro e non melanconico, costumato e discreto e che abbia le sue mani bianche e delicate, portando nell’uno delle sue dita una gioietta di valuta e bella; che sia il vestir suo onesto e costumato, di abito di ricchi drappi lunghi e non corti, maggiormente le sue maniche, e per cosa del mondo non faccia mostra di quelle larghe lattugaccie delle sue camicie, delle braccia lavorate di mille colori come le vostre sgualdrine».

Di minor interesse risultano, ai fini di una storia del connubio cibi-vini, le opere e le consuetudini riportate da Bartolomeo Taegio (De l’humore del 1564), da Vincenzo Cervio (ne il Triciante del 1581), da Andrea Bacci (.Slorin naturale dei vini del 1596), dallo stesso Francesco Redi nel Ditirambo di Bacco in Toscana Nel 1797 troviamo una lista dei vini a conclusione del volume di Francesco Leonardi L’Apicio moderno, un autore già conoscitore delle cucine classiche europee per aver servito come cuoco Caterina II di Russia.

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